Il “downgrade” di ben 5 livelli sotto l’investment grade comunicato lo scorso 15 luglio da Fitch da “B+” a “B”, riflette l’estrema volatilità della lira turca, l’inflazione, il calo delle riserve internazionali e la debole credibilità politica del Pae

L'agenzia di rating Fitch ha declassato lo scorso 15 luglio il rating del debito turco a "B" da "B+" (altamente speculativo) come conseguenza, cita l’agenzia internazionale, dell'elevata inflazione, delle incertezze generali sull'economia, del crescente disavanzo delle partite correnti (al 5,5% del PIL) e della bassa liquidità esterna, fattori che scoraggiano gli IDE. Malgrado la ripresa dell’industria del turismo in Turchia, i prezzi elevati dell’energia e la debole domanda esterna rendono il Paese altamente vulnerabile; Fitch cita anche le pressioni sulle riserve FOREX di valuta della Banca Centrale che a partire dal 1° luglio scorso sarebbero rimaste vicine al minimo storico da 20 anni a questa parte a poco più di 7,5 miliardi di dollari. Inoltre, il rischio di ulteriori “allentamenti” destabilizzanti della politica monetaria prima delle elezioni politiche attese il prossimo anno, rimane alto. Fitch prevede un’inflazione della Turchia ancora elevata fino al termine dell’anno in corso (a luglio è stata del 79,6%) ed una riduzione del tasso al 57% solo nel 2023. L'agenzia di rating prevede inoltre che l'economia turca rallenterà al +3,2% nel 2022 dal +11% fatto registrare nel 2021 mentre le riserve della BCRT potrebbero arrivare a 120 miliardi di dollari alla fine del 2022. Pesano infine le considerazioni sulla lira turca, tra le valute dei mercati emergenti più colpite da un rallentamento economico globale e da una possibile recessione, che probabilmente potrebbe scivolare a 22 sul dollaro entro la fine dell'anno (nel primo semestre del 2022 la moneta turca ha perso il 24% del suo valore rispetto al dollaro). Se persisteranno le politiche monetarie di Ankara sul tasso di riferimento, queste potrebbero contribuire ad un ulteriore calo delle riserve valutarie e ad un aumento del tasso di inflazione, scoraggiando così gli afflussi in entrata di capitali in valuta che consentirebbero di finanziare in parte il maggiore deficit delle partite correnti della bilancia dei pagamenti turca. Fitch si attende inoltre un rallentamento dei consumi della Turchia a causa proprio dell’inflazione galoppante e prevede un deficit delle partite correnti al 5,1% del PIL nel 2022, a causa dei prezzi più elevati dell'energia e dell'indebolimento della domanda esterna, nonostante una ripresa dei flussi turistici quasi ai livelli pre pandemici.

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