Il Ministro del Commercio Mehmet Muş: “PIL al 7,3% nel primo trimestre del 2022, tra mille difficoltà che siamo chiamati ad affrontare, è uno degli indicatori più importanti dell’economia della Turchia”.Focus sul rapporto OCSE sulla crescita della Turchia

La crescita del 7,3% che il prodotto interno lordo (PIL) della Turchia ha registrato durante il primo trimestre dell’anno in corso “è uno degli indicatori più importanti dell'economia nazionale” ha affermato la scorsa settimana il Ministro del Commercio turco Mehmet Muş partecipando al Summit sullo stato delle esportazioni, aggiungendo che si tratta di un grande successo. Il PIL della Turchia si è ampliato ad un ritmo superiore rispetto al previsto nonostante l'attuale congiuntura mondiale sfavorevole a causa prima dalla pandemia e poi dal conflitto ucraino. Il Ministro del Commercio ha evidenziato la performance, oramai consolidata, delle vendite di merci e servizi all’estero che si stima possano superare i 250 miliardi di dollari a fine anno (225 milioni le esportazioni nel 2021). Il PIL della Turchia ha raggiunto 2,49 trilioni di Lire turche (circa 180 miliardi di dollari nei primi tre mesi del 2022 mentre sono 795 i miliardi dollari di PIL stimato a fine 2022) e tra le attività che hanno trainato la crescita vanno segnalate le attività bancarie, finanziarie e assicurative (+24,2%), spesa per i consumi delle famiglie (+19,5%), telecomunicazioni (+16,8) e i servizi al +15,5%; il settore delle costruzioni ha invece fatto registrare una riduzione del 7,2%.

La metà della crescita della Turchia è merito delle esportazioni: nel primo trimestre del 2022 le vendite di beni e servizi sono aumentate del 16,8% rispetto allo stesso trimestre dell'anno precedente mentre le importazioni sono aumentate del 2,3%.

Tuttavia il deficit commerciale della Turchia è quasi raddoppiato con l'impennata delle importazioni di energia (soprattutto dalla Russia come evidenzia il forte deterioramento della bilancia commerciale tra Turchia e Federazione Russa proprio a causa dell’impennata dei costi relativi all’import energetico) e, secondo i dati ufficiali diffusi recentemente da TurKstat, il divario è cresciuto su base annua del 98,5% attestandosi nel mese in considerazione a 6,11 miliardi di dollari.

Ricordiamo che lo scorso mese di aprile il FMI aveva rivisto le sue stime al ribasso con una crescita alla fine del 2022 del 2,7% rispetto al 3,3% ipotizzato in precedenza. La Turchia aveva chiuso il 2021 con una delle migliori performance tra i Paesi emergenti con una crescita del PIL dell’11% precedendo la Croazia (+10,4%), l’Ungheria (+7,1%) e Romania e Polonia, rispettivamente del 5,7 e 5,9 per cento; secondo l’OCSE, la crescita sarà meno sostenuta nei prossimi due anni mentre le esportazioni turche potranno beneficiare della riduzione graduale delle interruzioni delle catene di approvvigionamento globali a causa del Covid-19. La guerra in Ucraina inciderà ancora negativamente sulla determinazione dei prezzi delle materie prime.

Tuttavia, ha continuato l’OCSE, la politica fiscale turca resterà favorevole, grazie agli aumenti dei salari del settore pubblico e quelli a sostegno delle classi più colpite dalla crisi energetica. L’OCSE ha infatti richiamato le misure attuate recentemente dal Governo di Ankara per mitigare l’aumento delle bollette di gas e ed elettricità, attraverso una riduzione delle imposte soprattutto nelle aree agricole dove sono stati altresì concessi sussidi alle famiglie più colpite.

Tuttavia, l’OCSE ha anche avvertito che i rischi causati dal protrarsi della crisi Ucraina potrebbero portare ad un ulteriore aumento dei prezzi delle materie prime, mentre stima un tasso di disoccupazione invariato all'11,8% alla fine dell’anno.

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