Il Presidente Erdoğan è intervenuto alla 21ma assemblea generale della TESK. Nel suo intervento rinnova la fiducia al “suo” modello economico che “ha saputo contrastare i rincari dei beni alimentari e sostenere la crescita economica”

Intervenendo alla 21ma assemblea generale della Confederazione degli artigiani e degli artigiani (TESK) il 29 settembre scorso, il Presidente Erdoğan ha rilasciato dichiarazioni chiare sulla politica monetaria del Paese in riferimento ai nuovi tagli del tasso di riferimento, oggi al 10,50% dopo l’ennesima riduzione da parte del Comitato di politica monetaria (MPC) del 20 ottobre scorso, Una decisione giunta in una fase nella quale l’inflazione annua ha raggiunto l’85,51%.

Rivolgendosi alla folta platea, Erdoğan ha riaffermato la necessità di salvaguardare le condizioni favorevoli al mantenimento della crescita del PIL (7,6% nel primo trimestre e del 7,3% nel secondo di quest’anno), del tasso di occupazione (sceso ad una singola cifra per la prima volta dopo 20 anni), delle esportazioni e degli investimenti sostenendo che tassi di interesse più bassi (è atteso un ulteriore taglio ad una cifra entro la fine dell’anno), porteranno nel 2023 ad una graduale riduzione del tasso di inflazione.

Il Presidente turco ha voluto anche rassicurare cittadini e imprese ( i primi schiacciati dall'aumento vertiginoso dei prezzi al consumo, le seconde alla prese con indebitamenti sempre più alti), anticipando nuove misure di sollievo per contrastare l’aumento del costo della vita che si aggiungono a quelle recentemente adottate nel 2022 come l’aumento del salario minimo, il tetto massimo del 25% sugli aumenti degli affitti, la riduzione delle tasse sulle bollette di gas e luce oltre al lancio del progetto abitativo per gli strati più fragili della popolazione. Erdoğan nel suo intervento ha anche evidenziato come molti Paesi in via di sviluppo che stanno utilizzando politiche monetarie ortodosse per affrontare l'inflazione siano entrati in recessione ed ha ricordato che l’andamento inflazionistico in Turchia negli ultimi tre anni, allorquando a seguito di un brusco balzo del tasso di inflazione nel 2019 di oltre il 20% l'economia cresceva al 3% mentre nel 2020, con una inflazione scesa al 12%, il tasso di crescita del PIL non aveva oltrepassato l’1%. Con l'attenuarsi dell'impatto della pandemia da coronavirus, l'economia turca è cresciuta nel 2021 dell'11,4% ma la spirale inflazionistica non si è arrestata attestandosi al 36%. Chiaro il messaggio del Presidente turco che, davanti al ceto più produttivo del Paese, ha fatto intendere che proseguirà nella sua politica monetaria espansiva con tassi anche al di sotto dell’attuale 10,50% al fine di sostenere al massimo la crescita del Paese. Nel frattempo, ha proseguito Erdoğan, il tasso di inflazione annuo dovrebbe raggiungere il suo picco dell'84% a novembre prima di scendere a circa il 65% a dicembre, mentre si collocherebbe a circa il 55% a gennaio 2023 e a circa il 50% a febbraio del prossimo anno, dichiarando che “la politica dei tassi bassi ha iniziato a dare i suoi frutti”. Tuttavia nelle previsioni prezzi al consumo non scenderanno di molto nel breve periodo e ci si attende, con le elezioni alle porte (giugno 2023), l’adozione a breve di ulteriori misure “compensative” quali un sostanzioso aumento del salario minimo D’altra parte, l’Istat turco “TurkStat” alla luce delle informazioni più recenti, ha aggiornato i dati di ottobre scorso sui risultati dell’indice di fiducia economica con prospettive più pessimistiche: l'indice generale economico, quello costituito dagli indici di fiducia dei consumatori, dei servizi, del commercio al dettaglio, delle costruzioni e del settore reale, è rimasto allo stesso livello (94,3) di settembre con livelli molto bassi degli indici di fiducia dei consumatori (72,4) causa gli aumenti da settembre ad ottobre scorsi delle bollette di luce e gas (rispettivamente del 20% e del 21% che incidono sull’indice nazionale dei prezzi alla produzione), nonché dei prezzi sui prodotti e servizi di largo consumo (fino al 2% sul cibo e fino al 7% per l’istruzione), mente i soli costi degli affitti sono aumentati di quasi il 10%, da settembre ad ottobre.: un peggioramento che si è registrato anche tra gli indici delle PMI che hanno risentito del protrarsi delle tensioni geopolitiche casate dalla guerra russo-ucraina e da un tasso di inflazione elevata.

L'indice dei prezzi alla produzione nazionale

Dopo essere sceso leggermente ad agosto scorso, per la prima volta in tutto il 2022, quando i prezzi internazionali delle materie prime avevano mostrato una tendenza al ribasso, l'indice dei prezzi alla produzione nazionale su base annua è tornato al 151,50% a settembre scorso: il divario tra l'indice dei prezzi al consumo e l'indice dei prezzi alla produzione è salito a 68,05 punti percentuali.

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