Il ruolo delle partite correnti per la stabilità dei prezzi in Turchia.

Si prevede che le partite correnti della Turchia registreranno un disavanzo di 15 miliardi di dollari nel 2021 (0,3% del PIL) rispetto ai 37 miliardi di dollari registrato l’anno prima e comunque inferiore alle aspettative del governo (21 miliardi di dollari) a causa dell'aumento delle importazioni di energia e dei beni intermedi che vengono importati dalla Turchia.

Nel 2020 il deficit delle partite correnti era stato esacerbato dalla pandemia da Covid-19 che aveva fatto registrare un forte calo delle entrate turistiche ma il 2021 ha segnato una decisa ripresa e le entrate derivanti dal turismo sono duplicate rispetto allo scorso anno di almeno 25 miliardi di dollari con una previsione per il 2022 di oltre 34 miliardi di dollari, effettuata però prima dello scoppio del conflitto russo-ucraino.

Per risolvere il deficit delle partite correnti e attenuare la svalutazione della lira turca, bisognerà certamente intervenire sulle importazioni, che nel 2020 hanno pesato per quasi 800 miliardi di dollari e che anche attualmente concorrono in buona parte al disavanzo commerciale, che nel 2021 è ammontato a 7 miliardi di dollari.

La guerra ha aumentato l'inflazione e i rischi delle partite correnti per la Turchia a causa del calo della lira turca. È probabile che l'aumento dei prezzi delle materie prime dal petrolio al grano dovuto al conflitto porti a un disavanzo più ampio, alimentando anche ulteriormente l'inflazione, già al 54 %. La lira è scesa per il settimo giorno consecutivo mercoledì scorso, portando le sue perdite a oltre il 5% da quando la Russia ha lanciato il suo attacco all'Ucraina. La valuta è rimasta sostanzialmente stabile nei primi due mesi dell'anno principalmente grazie al regime di protezione dopo un calo del 44% nel 2021 oscillando appena sotto le 14 lire per un dollaro. La volatilità è però tornata a fine febbraio quando le tensioni tra Mosca e Kiev sono aumentate, prima di rimbalzare. Il governo ha abbracciato un nuovo piano economico che mira a trasformare i disavanzi cronici delle partite correnti della Turchia in un avanzo, aumentare la crescita, l'occupazione e le esportazioni mantenendo bassi i tassi. Non sembra però essere sufficiente la sola politica di impulso alle esportazioni lanciata dal Governo con il taglio dei tassi di interesse per ridurre il deficit corrente e puntare ad una stabilità dei prezzi più duratura considerando che la spirale inflazionistica continua e che il settore manifatturiero turco dipende ancora troppo dalle importazioni di prodotti intermedi. A ciò si aggiunge l’impatto potenzialmente devastante dell’aumento dei prezzi energetici, considerati estremamente elevati già prima dell’inizio del conflitto russo-ucraino. Anche il ricorso a operazioni di prestito con l’estero da parte del settore privato e delle grandi holding turche non sembra per il momento una politica che possa portare in tempi brevi ad un avanzo delle partite correnti.

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