La Banca Centrale turca taglia il tasso di riferimento per il secondo mese consecutivo al 12%, per salvaguardare la crescita e l’occupazione e malgrado un tasso di inflazione che sfiora l’80%. Focus sui rincari trainati dalla componente energia

Il 18 agosto scorso, la Banca Centrale della Turchia (CBRT) guidata dal governatore Şahap Kavcıoğlu, aveva deciso di ridurre il tasso di riferimento dal 14 al 13%, quest’ultimo in vigore dallo scorso dicembre, nell’aspettativa è che si arrivi presto ad un processo di disinflazione e che l’attuale contesto di inflazione dilagante sia da considerare un fenomeno esogeno e temporaneo, determinato dagli effetti ritardati e indiretti dell’aumento dei prezzi dei prodotti energetici e alimentari. Nelle parole del Governatore la motivazione era stata presa per “salvaguardare condizioni finanziare favorevoli al mantenimento della crescita della produzione industriale e del tasso di occupazione” , Una mossa in gran parte inaspettata da parte degli analisti internazionali i quali prevedevano invece un mantenimento costante del tasso per evitare di sottopone la valuta turca a rischi di tensione ancora maggiori.

Lo scorso 22 settembre il Comitato per la politica monetaria (MPC), ha ridotto ulteriormente il tasso di 100 punti base al 12% per sostenere la crescita economica del Paese a fronte del l’aumento dei rischi geopolitici, delle previsioni al ribasso di crescita globale con una recessione all’orizzonte sempre più minacciosa. Il Governatore ha poi commentato che la forte crescita interna nel primo semestre dell’anno, da luglio scorso si è ridotta a causa dell’indebolimento della domanda esterna; tuttavia i buoni risultati del tasso di occupazione e il forte contributo assicurato dalle entrate del settore turistico contribuirebbero a migliorare l’equilibrio delle partite correnti atteso per ristabilire al più presto i prezzi nel mercato turco.

Anche durante la riunione dello scorso 22 settembre il Comitato ha ribadito che l'aumento dell'inflazione è determinato dai forti shock negativi sull’offerta derivanti dall’aumento dei prezzi globali dell'energia, dei prodotti alimentari e delle materie prime agricole e che si attende presto un processo di disinflazione. Il Comitato ha anche valutato che il livello del tasso di riferimento al 12% è considerato per il momento adeguato per le attuali esigenze del Paese e ha affermato che continuerà a utilizzare con decisione tutti gli strumenti disponibili per perseguire la strategia della c.d. “liralizzazione" ossia il contenimento dell’utilizzo delle valute estere nell’economia turca: a tale riguardo la stessa CBRT lo scorso 20 agosto scorso aveva anche rafforzato quelle misure tese a contenere entro limiti definiti la crescita quantitativa del credito in genere, fatta eccezione per quello rivolto alle imprese esportatrici e ad altre specifiche categorie (PMI, artigiani e agricoltori, ad esempio) al fine di ridurre i margini esistenti tra i tassi di interesse applicati dalle Banche turche sui finanziamenti (dal 27 al 50%), e quelli applicati sui depositi (18%) e appunto il tasso di riferimento oggi al 12%.

Misure, quelle di agosto scorso, che hanno suscitato un certo scetticismo all’interno del settore bancario per gli squilibri finanziari che potrebbero verificarsi e al contempo preoccupazione per la possibile volontà, di introdurre una sorta di controllo dei movimenti di capitale. Peraltro l’irrigidimento introdotto sul credito disincentiverebbe i flussi di investimenti diretti esteri in entrata di cui la Turchia ha estremo bisogno per ridurre il deficit delle partite correnti della sua bilancia dei pagamenti; nel primo semestre del 2022 il deficit si è infatti ampliato raggiungendo i 32,4 miliardi di dollari con un aumento dell’import superiore al 40% rispetto all’analogo periodo dello scorso anno.

Il cambio lira turca - dollaro, che aveva reagito in mondo piuttosto blando al primo taglio di 1 punto percentuale del 18 agosto, con la successiva decisone della CBRT del 22 settembre scorso di un ulteriore taglio del tasso di interesse al 12%, ha accusato un calo immediato(la valuta nazionale è stata cambiata a 18,42 con la moneta statunitense) per poi però scendere sotto quota 18, il più basso cambio da dicembre scorso quando la lira turca perse il 40% del suo valore con il dollaro e dopo un primo trimestre del 2022 che ha visto una riduzione di circa il 20%.. Da segnalare che alcuni analisti indipendenti avevano stimato prima dello scorso 22 settembre, un cambio di oltre 23 lire turche per 1 dollaro nel caso di ulteriori tagli al tasso ufficiale di riferimento.

Più preoccupante, invece, l’incessante crescita dei prezzi al consumo: i generi alimentari sono cresciuti nel solo mese di agosto dell’1%, con un impatto dell’inflazione sul “food” che ha abbondantemente superato il 90%: il prezzo del solo pane, un alimento indispensabile per i consumatori a basso reddito, è aumentato di oltre il 102% in un anno. Seppur nell’ultimo trimestre si sia registrata una lieve diminuzione dei prezzi dell'energia con riduzioni parziali del costo del carburante (-1,8%), l’inflazione annua ha avuto un impatto enorme sui trasporti, i cui prezzi accelerano sfiorando il 120% mentre sui beni durevoli (mobili ed elettrodomestici) si è attestata al 92%. In piena stagione turistica, che in Turchia si protrae oltre il mese di settembre, i prezzi dell’hotelier hanno già fatto registrare un tasso annuo tendenziale di +81%. L’aumento congiunturale degli indici alla produzione continuerà nei prossimi mesi con ulteriori aggravi sulle famiglie non solo a basso reddito e nonostante agli aumenti salariali mentre il tasso di inflazione si attenuerà non prima dell’inizio del 2023. L’aspetto positivo della nuova ambiziosa politica monetaria, finanziaria ed economica di Erdoğan di mantenere tassi di interesse bassi nonostante una dilagante inflazione è stata la crescita del PIL del 7,6% nella prima metà dell'anno; crescita però alimentata soprattutto dalla scelta di molti risparmiatori di investire in case, automobili e beni durevoli per contrastare la perdita di potere di acquisto e grazie alla competitività degli esportatori turchi, aumentata a causa del deprezzamento della lira. Nell’immediato futuro, però, difficilmente il PIL potrà sostenere ritmi così elevati per il resto del 2022, come del resto confermato da Ankara.

Tornando all’ultimo taglio del tasso dell’1%, la BCRT da dunque nuovamente dato continuità alla strada delineata dal Presidente Erdoğan, una strategia in controtendenza rispetto a quella messa in atto da quasi tutte le altre Banche Centrali del resto del mondo che, per contrastare la fiammata dei prezzi, stanno alzando i tassi di interesse. L’ulteriore allentamento dello scorso 22 settembre non sembrerebbe aver sorpreso i mercati come il taglio operato il 18 agosto scorso. Una riduzione era attesa ad esempio, da Morgan Stanley, UniCredit S.p.A. e Citigroup Inc., anche se di soli 50 punti base e non di 100.

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