La Banca Centrale turca taglia il tasso di riferimento per il terzo mese di fila al 10,50%, per salvaguardare crescita, occupazione ed esportazioni malgrado un tasso di inflazione al 85,51%

Il 20 ottobre scorso, la Banca Centrale della Turchia (CBRT) guidata dal governatore Şahap Kavcıoğlu, ha deciso di ridurre nuovamente il tasso di riferimento - per il terzo mese consecutivo - dal 12% al 10,50%. La Banca Centrale turca ha commentato la sua decisione adducendo gli effetti negativi causati dai crescenti rischi geopolitici sull’attività economica internazionale che impongono un approccio “macroprudenziale”. Una decisione presa, si legge nel comunicato, anche alla luce delle previsioni di crescita che, nell’immediato futuro, tendono al ribasso con all’orizzonte il possibile ristagno delle principali economie.

Nel contesto internazionale si monitorano, prosegue la nota della CBRT, le continue interruzioni di approvvigionamento che in alcuni settori, in particolare in quello alimentare, rendono preoccupante l’incessante aumento dei prezzi globali. Kavcıoğlu giudica inoltre l'elevata inflazione su scala internazionale, gli squilibri tra domanda e offerta e la rigidità del mercato del lavoro delle principali economie. Rispetto alle economie avanzate la Turchia ha registrato un aumento dell’occupazione e le prospettive di crescita del PIL sono positive anche grazie al contributo, più marcato del previsto, dei ricavi provenienti dal settore turistico che hanno assorbito parte del disavanzo corrente. La BCRT inoltre osserva attentamente gli effetti sull’economia nazionale della recessione dei principali partner commerciali della Turchia che rendono concreti i rischi di una continua instabilità interna dei prezzi e la riduzione del potere di acquisto dei redditi delle famiglie.

Sul lato della politica monetaria, la Banca Centrale segue con attenzione il differenziale tra il tasso ufficiale di riferimento e i tassi di interesse bancari sui prestiti rafforzando gli strumenti a sostegno della strategia della c.d. “liralizzazione", ossia il contenimento dell’utilizzo delle valute estere nell’economia turca. Analogamente a precedenti comunicati, la BCRT, ribadendo che l’attuale contesto di una inflazione dilagante sia da considerare un fenomeno esogeno e temporaneo, determinato dagli effetti ritardati e indiretti dell’aumento dei prezzi dei prodotti energetici ed alimentari, prevede a breve un processo di disinflazione grazie alle misure adottate per rafforzare la stabilità finanziaria. Infine, gli effetti del rallentamento della domanda estera sulla domanda aggregata e della produzione interna sono anch’esse attentamente monitorate per preservare lo slancio della crescita della produzione industriale e il trend positivo dell'occupazione in Turchia. Per le ragioni di cui sopra il Comitato di Politica Monetaria ha annunciato che al presente taglio ne seguiranno altri finche’ non si giungerà ad un calo dell’inflazione. È molto probabile una nuova riduzione del tasso di riferimento per portarlo al 9% entro la fine del 2022.

Una settimana dopo la riduzione del tasso di riferimento, la BCRT ha rivisto le sue aspettative di inflazione. Le attese dell’inflazione al consumo si attestano al 65,2% nell’anno in corso (rispetto al 60,4% della precedente proiezione) mentre per il 2023 il tasso si attesterebbe al 22,3% e all’8,8% nel 2024 (l’obiettivo target della BCRT era del 5%).

Il cambio della lira turca, che aveva reagito ai due precedenti tagli del 18 agosto e del 22 settembre toccando i minimi storici, è stato nuovamente sottoposto a pressione dopo l’ulteriore taglio dello scorso 20 ottobre che ha portato la moneta turca a 18,607 per dollaro, nuovo tracollo dall’inizio dell’anno.
L’Associazione degli industriali e degli uomini d'affari indipendenti (MUSIAD), in una rara manifestazione pubblica di disapprovazione sul modus operandi della BCRT, per voce del suo presidente Mahmut Asmali, ha sollevato forti preoccupazioni per l'incertezza economica che si respira tra imprese e uomini d’affari dopo l’ulteriore ritocco al tasso di riferimento e, esprimendosi comunque a favore di un ulteriore taglio, ha commentando “che il taglio avvenga subito ad una cifra anche a novembre, ma che sia unico per i mesi a venire”. Asmali ha poi aggiunto che l’ aumento, giudicato “troppo generoso”, del salario minimo prospettato dal Presidente Erdoğan già da dicembre prossimo, aggraverebbe la situazione di molte aziende turche. In vista delle elezioni del giugno 2023, il Governo starebbe infatti predisponendo aumenti del salario minimo, degli stipendi pubblici e delle pensioni. Il Ministro del Lavoro e della Previdenza sociale, Vedat Bilgin, ha recentemente affermato che l'aumento del salario minimo dello scorso luglio a 5.500 lire turche (circa 300 dollari) potrebbe salire tra gli 8 e i 9 mila lire entro la fine dell’anno (alcuni ipotizzano che si potrebbe superare anche le 10 mila lire turche per attirare un bacino consistente di elettori indecisi) con oneri crescenti per i datori di lavoro.

Condividi Tweet Copia Collegamento Stampa / Salva come PDF HOMEPAGE