L’indice globale della libertà economica 2022 piazza la Turchia al 42mo posto su 45 Paesi, contando solo i Paesi dell’Europa (l’Italia occupa la 36ma posizione).

L'economia turca è cresciuta piuttosto lentamente dal 2017 al 2020, ma si è decisamente ripresa nel 2021, sfruttando al massimo l’effetto “rimbalzo” della ripresa post-pandemica. Tuttavia il graduale declino degli anni precedenti ha contribuito ad un ribasso nel punteggio del Paese stilato dall’Heritage Foundation (-8,3 punti dal 2017).

La Turchia ha ottenuto un punteggio di 56,9 punti (la media regionale si attesta a 69,5 punti) ed occupa la 107ma posizione nell’indice globale della libertà economica per il 2022 (l’Italia è risultata 80ma). La Turchia è passata quindi dalla categoria “modertamente libera” (categoria che ospita 59 Paesi tra cui Italia, Romania, Spagna, Portogallo e Francia) a “essenzialmente non libere”, la fascia più folta (con Russia, Cina, Grecia, India, Brasile, Iran, ecc. ecc.).

Osservando le altre tre categorie, secondo l’autorevole indice, solo sei sono i Paesi che hanno ottenuto un punteggio pari o superiore a 80 (Hong Kong, Singapore, Nuova Zelanda, Svizzera, Australia e Irlanda) e si posizionano nella fascia dei Paesi definiti “liberi” mentre nel gruppo immediatamente successivo (“quasi liberi”) si piazzano 29 Paesi tra cui Uk, USA, Germania e Giappone) mentre l’ultima fascia (“repressione economica”) e occupata da soli tre Paesi (Cuba, Venezuela e Corea del Nord).

La Turchia paga soprattutto le asserite inefficienze fiscali e il non rispetto dello stato di diritto. Lievemente diminuita, invece, la libertà economica e di investimento ma con un netto peggioramento della politica monetaria e ingerenze politiche nella vita economica del Paese. Nel rapporto si legge inoltre che la libertà economica è condizionata da una integrità di Governo molto discutibile e, malgrado il Paese continui in gran parte ad offrire un mercato libero e diversificato, il salto di qualità viene mutilato da una economia ancora trainata dal settore agricolo (più del 25% della forza lavoro). Tuttavia si riconosce al Paese la crescita significativa realizzata nel 2021.

L’indice dimostra che i peggiori risultati sono stati ottenuti proprio nella categoria “Rule of law” con un sistema giudiziario cha avrebbe subito l’ingerenza del Governo.

Per quanto attiene alla categoria “Government size” è stato osservato che il carico fiscale e la spesa pubblica nazionale sono state rispettivamente il 23,1% e il 34,7% del PIL mentre negli ultimi tre anni il deficit di bilancio è stato pari al 4,9% e il debito pubblico ha raggiunto il 36,5% del prodotto interno lordo del Paese.

Il c.d. “Regulatory efficiency”, è penalizzato dalla carenza di personale specializzato nei settori hi tech mentre risulta abbondante la manodopera in generale anche se la formazione in relazioni alle nuove tecnologie è decisamente in aumento.

Per la macro-aera categoria “Open markets”; gli indici hanno fatto registrare una timida flessione grazie ad un ambiente degli investimenti in generale aperto e competitivo malgrado l’alta burocrazia.

La Turchia ha perso dunque 31 posizioni rispetto al 2020 quando il think thank statunitense collocava il Paese tre posizioni prima dell’Italia.

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