Perdita di ricavi delle aziende esportatrici turche secondo le Associazioni degli esportatori di abbigliamento e prêt-à-porter di Istanbul (İHKİB) e dell’Automotive “OIB”; focus sulla bilancia commerciale nel primo semestre del 2022.

Le aziende esportatrici turche stanno affrontando costi crescenti ed entrate in calo dopo che il dollaro si è rafforzato rispetto all'euro, raggiungendo la parità per la prima volta da oltre due decenni; la perdita nel primo semestre del 2022 e’ stata valutata di circa il 15% soprattutto colpendo l'industria automobilistica, principale motore delle esportazioni turche: “oltre il 65% delle esportazioni dell'industria automobilistica sono in euro ma molte materie prime vengono acquistate in dollari e il rafforzamento della moneta statunitense influenzerà negativamente la nostra competitività nel mercato europeo”, ha affermato Baran Çelik, DG dell'Uludağ Automotive Industry Exporters Association (OIB). Anche l’industria dell’abbigliamento (che esporta per il 70% nell'Unione Europea) sta perdendo competitività a vantaggio delle aziende rivali dell'Estremo Oriente che, al contrario, guadagno in competitività in quel settore. Il quadro per le aziende si complica non solo per la continua svalutazione della lira turca ma anche per il recente l'obbligo introdotto dal Governo alle aziende nazionali di convertire una parte dei ricavi derivanti dall’export in valuta nazionale. I dati annunciati dal Ministro del Commercio Mehmet Mus il 22 luglio scorso e riferiti al mese di giugno registrano un aumento del 18,7% dell’export turco che si attesta a 23,4 miliardi di dollari mentre le importazioni aumentano del 39,7% raggiungendo i 31,6 miliardi di dollari; nei primi sei mesi dell’anno la crescita dell’import turco (+40,6%) raddoppia sulle vendite (+20,0%) soprattutto per il sostenuto aumento dei prezzi delle materie prime. Il disavanzo commerciale, che era sceso a 25 miliardi di dollari nel 2019, è salito a oltre 76,5 miliardi lo scorso mese di giugno, il livello più alto degli ultimo quattro anni. Anche se le stime per la seconda parte dell’anno prevedono incrementi più moderati sia nelle esportazioni che nelle importazioni, la strategia indicata dal Ministro Mus sarà quella di una maggiore diversificazione aumentando le vendite nei Paesi piu’ lontani (i due terzi delle esportazioni vengono effettuate in paesi relativamente vicini) aumentando l’export in 18 paesi che si trovano a più di 2.500 chilometri dalla Turchia (Stati Uniti, Canada, Messico, Brasile e Cile, Cina, Giappone, Corea del Sud, Pakistan, India, Indonesia, Malesia, Thailandia, Filippine e Vietnam, Sud Africa, Nigeria e Australia) e che detengono una quota pari al 64% nell'economia mondiale, realizzando il 47% delle importazioni mondiali di beni.

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