Un recente articolo apparso sul Financial Times parla di presunte “pressioni” da parte delle Autorità Turche nei confronti delle banche sulle operazioni di conversione di valuta

Secondo un articolo apparso recentemente sul Financial Times, funzionari della banca centrale starebbero chiamando i loro corrispondenti nelle banche commerciali quando a queste vengono richieste operazioni di cambio anche piccole in un ambito corporate (da USD 1 mln in su) per verificare che siano funzionali a esigenze reali e non speculative al fine di sostenere il cambio della lira turca, il quale sta scivolando da giorni e, chiaramente, le riserve valutarie, depauperate da azioni difensive che, secondo il FT, sarebbero costate USD 24 mld nel primo trimestre del 2022.

Il fenomeno di fondo, che al momento non appare smentito da parte degli operatori, ha alla base un fattore distorsivo (un tasso di politica monetaria irrealisticamente basso rispetto all’inflazione) sorretto con azioni (gli interventi difensivi sul cambio) troppo costose in termini di dispendio di riserve valutarie rispetto agli afflussi di valuta estera che l’economia è in grado di generare (con le esportazioni) o che accetta di mettere a disposizione (aderendo ai depositi indicizzati al cambio lanciati a dicembre); i processi gestionali del settore privato (soprattutto imprese e banche) sono sottoposti a torsioni che ne stanno minando la continuità operativa velocemente.

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