TÜRKONFED (Turkish Enterprise and Business Confederation) ha pubblicato un interessante report sugli effetti dei terremoti

La TÜRKONFED (Turkish Enterprise and Business Confederation), ente non governativo impegnato nello sviluppo delle politiche aziendali, ha pubblicato da poco un dettagliato report sugli effetti economici dei terremoti nelle 11 province coinvolte.

La popolazione totale nelle province più colpite (Kahramanmaraş, Adıyaman, Kilis, Osmaniye, Gaziantep, Malatya, Şanlıurfa, Diyarbakır, Adana e Hatay) è di 13,5 milioni (quasi il 16% della popolazione totale del Paese) a cui si è aggiunta la provincia di Elazığ portando la popolazione totale dell’area devastata a oltre 14 milioni di abitanti che rappresentavano un PIL di 1,5 trilioni di dollari. La maggior parte degli 11 distretti colpiti ospita il maggior numero di curdi e soprattutto di aleviti, questi ultimi rappresentano il 20% della popolazione totale mentre nel distretto di Hatay, su 2 milioni di abitanti si annovera mezzo milione di rifugiati siriani.

L’area interessata ai sismi, pur essendo tra le più povere e meno sviluppate del Paese, aveva un’incidenza demografica tra le più alte (151 ab./kmq contro una media di 110) ed ha conosciuto nel recente passato un significativo sviluppo del settore industriale grazie all’area hub del grande porto di Iskenderun per il commercio marittimo (9% dell'attività economica della Turchia), all’industrializzata Gaziantep per il tessile e a Kahramanmaras (quest’ultima, polo di riferimento per la trasmissione di energia verso tutto il Paese, è stata la città più martoriata dai sismi) e per il distretto di Hatay, che, pur restando una regione a forte vocazione agricola (20,9% della produzione agroalimentare totale), è considerata cionondimeno un’area strategica anche per l’export di ferro e acciaio della Turchia con un contributo al PIL che supera il 14%. Sono questi i principali dati pubblicati da TÜRKONFED, la “Turkish Enterprise and Business Confederation”, membro dell'Associazione europea dell'artigianato, delle piccole e medie imprese (UEAPME), all’indomani del terribile sisma che ha sconvolto la Turchia. Il report analizza in dettaglio anche le similitudini con il sisma del 1999 che colpì il cuore industriale del nord-ovest della Turchia (la regione di Gölcük/Marmara che rappresenta oltre il 40% del PIL nazionale) infliggendo gravi danni all’economia del Paese, con una perdita di oltre il 7% del PIL.

Tenendo presente gli evidenti diversi impatti sull’economia dei due terremoti a Marmara e Kahramanmaraş che hanno avuto la stessa magnitudo, TÜRKONFED paragona i danni causati dalle due catastrofi e l’impatto finanziario. Il sisma di Kahramanmaraş (il distretto più colpito con oltre 30 mila di km2) ha riportato, ad oggi, molte più vittime rispetto alle 18 mila di quello di Marmara, con un area del sisma estesa 15.000 chilometri quadrati ed un danno finanziario stimato in 17 miliardi di dollari. TÜRKONFED stima invece che i danni del terremoto del 6 febbraio raggiungano gli 84 miliardi di dollari. Si è trattato di una prima valutazione “a caldo” realizzata a breve distanza dal sisma. Si tratta tuttavia di uno studio piuttosto approfondito la cui metodologia si basa su un confronto scientifico dei dati dei due terremoti (Marmaris e Kahramanmaras). I circa 84 miliardi di dollari comprendono 70,75 miliardi per la ricostruzione degli edifici collassati (il costo medio calcolato di un'unità abitativa di 100 mq è pari a 27 mila e cinquecento dollari); 10,4 miliardi di minori introiti sul reddito nazionale e quasi 3 miliardi di dollari per le giornate lavorative perse.

Il rapporto ha prodotto anche una stima di 70.000 vittime e 3 milioni di “senza tetto” per effetto del terremoto del 6 febbraio. Il numero delle abitazioni civili gravemente danneggiate o demolite è stimato in circa 300 mila unità con un tasso del 68,81% rispetto al 40,87% registrato per il terremoto di Marmara.

TÜRKONFED evidenzia, inoltre, che prima del terremoto il deficit di bilancio per il 2023 era previsto in 659,6 miliardi di lire turche. Nel nuovo contesto il report prevede invece un deficit di almeno 1 trilione di TL con deficit di bilancio superiore al 5,4% del PIL. Le ultime proiezioni parlano per il 2023 di un PIL al 5%, ridotto rispetto alle precedenti previsioni di una forchetta che va dal -1,5% al -3%, con ricadute negative anche sul PIL pro-capite (pari a 9.893 dollari nel 2022) - anche alla luce di un probabile ulteriore indebolimento della lira turca - mentre il PIL medio pro capite nelle province colpite dal sisma, dovrebbe scendere molto al di sotto della media nazionale (tra i 4 ed i 5 mila dollari). È probabile inoltre che anche il volume del commercio estero della Turchia ne risenta, date le interruzioni dell'attività industriale ed agricola, dei trasporti e della logistica nell’area devastata dal sisma unita alla perdita di manodopera.

Exports according to the legal centers of the enterprises and according to the provinces [Source: Turkish Exporters Assembly, 2022]

L’anno scorso le esportazioni da Hatay, Kahramanmaras, Gaziantep, Adyaman e Osmaniye, valevano 21,5 miliardi di dollari (8,5% di tutto l’export della Turchia) con Gaziantep che assorbiva circa la metà delle vendite e Hatay (vicina al porto di Iskenderun che funge da collegamento con i Paesi del Medio Oriente) con quasi 5 miliardi.

Più della metà dell'export, come detto, è stata realizzata a Gaziantep con 10,52 miliardi di dollari. A seguire Hatay con 3.56 miliardi, Adana con 3 miliardi e Kahramanmaraş che ha esportato beni e servizi per 1,46 miliardi di dollari. Cereali, legumi, semi oleosi e loro prodotti, acciaio, prodotti agricoli, tessuti e materie prime, prodotti di abbigliamento confezionati sono i principali articoli di esportazione delle zono colpite.

Alla contrazione attesa dell’export nelle 11 regioni, bisogna aggiungere le maestranze disperse, soprattutto quelle agricole, rimaste vittima dalla catastrofe ed i molti sopravvissuti che si sono trasferiti in altre aree del Paese; di conseguenza le attività nella regione sud orientale della Turchia sono pressoché ferme ed i pochi lavoratori rimasti sul posto vengono utilizzati a tempo parziale, in attesa che si proceda a ricreare lentamente il tessuto produttivo nelle aree terremotate tramite piani di incentivo nazionali.

Per un approfondimento dal taglio più scientifico del report, sull’impatto demografico, su quello migratorio e per analizzare gli effetti socio-economici dei terremoti del 1999 e del 2023 (ad esempio, numero di case/famiglie danneggiate, rapporto forza lavoro e occupazione) si rimanda alla lettura dell’intero studio pubblicato sul Portale di “Cronache Economiche” al seguente link http://cronacheeconomiche.com/ nella sezione “Pubblicazioni”.

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